Le Origini del Tartufo

Il tartufo e’ un frutto della terra conosciuto sin dai tempi più antichi. Si hanno testimonianze della sua presenza nella dieta dei Sumeri ed al tempo del patriarca Giacobbe intorno al 1700 – 1600 a.C.

I greci lo chiamavano Hydnon (da cui deriva il termine “idnologia”, la scienza che studia i tartufi), i latini lo denominavano Tuber, dal verbo tumere (gonfiare), gli arabi Ramech Alchamech Tufus, gli spagnoli Turma de tierra, i francesi Truffe (derivante dal significato di frode collegato alla rappresentazione teatrale di Molière “Tartufe” del 1664), gli inglesi Truffle, infine i tedeschi Truffel.

Gli antichi Sumeri utilizzavano il tartufo mischiandolo ad altri vegetali quali orzo, ceci, lenticchie e senape, gli antichi Ateniesi si dice che lo adorassero al punto di conferire la cittadinanza ai figli di Cherippo per aver inventato una nuova ricetta. L’opinione di Plinio nella sua veste di naturalista era che il tartufo “sta fra quelle cose che nascono ma non si possono seminare”.

Plutarco azzardò l’affermazione alquanto originale che il “Tubero” nasceva dall’azione combinata dell’acqua, del calore e dei fulmini. Simili teorie erano condivise o contestate da Plinio, Marziale, Giovenale e Galeno ed avevano come unico risultato lunghe diatribe. Non essendo quindi ancora stabilita l’origine dei tartufi, la scienza unita alle credenze popolari coprirono il tartufo di mistero al punto che non si sapeva definire se fosse una pianta o un animale. Talvolta venne definito come una escrescenza degenerativa del terreno, talvolta addirittura cibo del diavolo o delle streghe (per il suo odore sulfureo).

Diversamente procedeva invece la storia gastronomica del tartufo perché non c’era teoria scientifica che ne limitasse l’uso in cucina. E’ noto che papa Gregorio IV ne fece largo uso ufficialmente per compensare le energie spese nel fronteggiare i Saraceni. Sant’Ambrogio ringraziava il vescovo di Como San Felice per la bontà dei tartufi ricevuti. Nell’Europa del passato il tartufo era anche chiamato “aglio del ricco” per il suo leggero sentore agliaceo e naturalmente perchè se ne trovava solo sulla mensa dei nobili. C’é anche da aggiungere che i tartufi in questione non erano quelli neri per lo più utilizzati per farcire carni e pesci, ma i tartufi bianchi di cui se ne faceva un impiego massiccio.

Nel ‘700 il tartufo era considerato presso tutte le Corti una delle cose più pregiate. La ricerca del tartufo costituiva un divertimento di palazzo. Da qui forse nasce l’usanza dell’utilizzo di un animale elegante come il cane per la cerca. Tra la fine del XVII ed inizio del XVIII sec. i sovrani Italiani Vittorio Amedeo II e Carlo Emanuele III si prodigavano in vere e proprie battute di raccolta. Un episodio interessante riguarda una spedizione tartufigena avvenuta nel 1751 organizzata per l’appunto da Carlo Emanuele III nella Casa Reale d’Inghilterra nel tentativo di tartufizzare la cucina britannica.

Il Conte Camillo Benso di Cavour nelle sue attività politiche utilizzò il tartufo come mezzo diplomatico, Gioacchino Rossini lo definì “Il Mozart dei funghi”, lord Byron lo teneva sulla scrivania perché il suo profumo gli destasse la creatività, Alexandre Dumas lo definì il Sancta Sanctorum della tavola.

Il Tartufo Oggi

Ai nostri giorni, il consumo dei tartufi è in costante aumento e le varie sagre e mostre che si tengono in molte parti d’Italia mobilitano centinaia di migliaia di persone, sedotte dall’aroma e dal gusto di questo “diamante della tavola”.